Infertilità: un esercito silenzioso

E’ mattina, è prestissimo.
E c’è già coda davanti alla porta ancora chiusa del reparto di “Fertilità umana”.
Facce assonnate e poche parole.
Alcune ragazze e donne da sole, altre accompagnate da compagni e mariti.
Poi finalmente la porta si apre, prendono il biglietto che stabilirà l’ordine in cui verranno chiamate e si dispongono in sala d’attesa. Il tutto si svolge per lo più in totale silenzio, sono pochissime quelle che parlano tra di loro, che dicono qualche parola. In qualsiasi altra situazione in cui si ritrovassero donne accomunate da una stessa problematica ci sarebbe scambio, confronto, chiacchiera. Lì no. Lì non si riesce a condividere, lì, tra quelle 4 mura, la condivisione aleggia nell’aria, senza bisogno di parole.
Ed ecco che si inizia ad essere chiamate, una dopo l’altra, per l’ecografia di controllo che stabilirà se le terapie stanno procedendo bene, se i follicoli crescono, se quello sarà il mese buono per il percorso che hanno intrapreso. Ricevuto il responso escono e affrontano la loro giornata, chi le incontra per strada non può immaginare con quale carico emotivo hanno già iniziato.
Ma qualcuno di quel carico emotivo se ne occupa? Quasi mai.
Quasi mai si affronta adeguatamente dal punto di vista psicologico questo vissuto così denso di emozioni forti e pervasive. Perché così è il vissuto di chi si ritrova a vedere misurato in millimetri, attraverso uno schermo, il suo desiderio di diventare genitore. Quando il mistero più grande al mondo, la vita, viene tradotto in provette e prelievi.
Molto spesso le coppie vanno in giro così, con il loro dolore tra le mani, un dolore che molto spesso “non può” essere raccontato ad amici e familiari, che non sanno dove mettere e come conciliare con una vita che davanti a tutto il resto del mondo va avanti normalmente.
Un dolore inspiegabile soprattutto quando la difficoltà a concepire non è apparentemente legata a nessuna causa accertata, quando si tratta di “infertilità inspiegata”, quando si sente potente la percezione di “non essere capaci”.
Inauguro con queste righe una piccola serie di articoli che dedicherò a questo argomento e che si concentreranno su diverse sfaccettature perché sono fermamente convinta che affrontare il problema solo in termini di efficienza fisica, con la continua ricerca di espedienti puramente tecnici per far fronte al continuo aumento di diagnosi di “infertilità”, non lasci spazio all’attenzione verso i vissuti emotivi e il substrato psichico della coppia e contribuisca, anzi, a mettere sempre più distanza tra mente e corpo.
L’infertilità è spesso sostenuta da importanti fattori emotivi, che non possono e non devono essere ignorati. Sono aspetti che riguardano la storia passata, si riflettono sul presente della donna e della coppia e vanno a minare inevitabilmente la fiducia e la valutazione della propria capacità.
E’ necessario che siano presi in carico anche questi perché quando si tratta l’infertilità non si trattano solo follicoli e spermatozoi, si trattano donne e uomini “interi”, che rimanendo tali potranno arrivare ad una genitorialità (qualsiasi sia poi la strada necessaria da percorrere) più consapevole e piena.
scritto da Liana Cassone
Elisabetta valla
Verissimo